Quando un argentino viaggia per il mondo e per qualche ragione nomina il suo paese, inevitabilmente viene riconosciuto per tre cose: il tango, il gioco del calcio e il sapore ineguagliabile della carne argentina.
Dalla notte dei tempi, dalla scoperta del fuoco e della carne abbrustolita sulle braci, l’uomo si ingegnò per inventare un supporto che distanziasse l’alimento dalle fiamme…con risultati vari: lo spiedo italiano, gli spiedini arabi, il barbecue nordamericano. Non tutti seppero sposare armoniosamente i due elementi, senza contare l’atmosfera di panico ed incertezza che generalmente regna in queste riunioni: non si sa mai quando si mangerà e con quale grado di carbonizzazione. Ben diversa è la pace, la tranquillità e la certezza del risultato che regna negli asados argentini. Nel mezzo della Pampa come nel patio di casa ogni asador sa amministrare con equilibrio la delicata relazione tra le fiamme e la carne perché il risultato sia sempre lo stesso: una cottura perfetta della carne.
Ma soprattutto, diversamente da quanto avviene nel resto del mondo, l’asado non è solamente un pasto né la sua preparazione solamente un metodo di cucinare la carne. Esiste una mistica legata alla tradizione dell’asado ed il gruppo di commensali che circonda la tavola rende tributo all’amicizia. Come scrisse Jorge Luis Borges, l’asado criollo è un magnifico pretesto per il rituale della “conversada amistad”: è uno stato d’animo, una filosofia di vita, un pretesto per la conversazione tra amici e per le chiacchierate che si prolungano per ore, come ai tempi dei falò nella pampa. Per far capire l’importanza di questo rituale basta ricordare che la pace e la guerra degli argentini molte volte si discussero intorno ad un grigliata.
E’ doveroso fare una prima distinzione tra l’asado familiare della domenica e quello delle riunioni di amici; quest’ultimo si svolge abitualmente durante la settimana. Il primo, che si consuma sempre all’ora di pranzo, riunisce la famiglia ed i parenti; il secondo invece è rigorosamente notturno e quasi mai prevede la presenza femminile. Quella dell’asado è una riunione machista; le donne si riuniscono per qualsiasi altra ragione ma mai per mangiare un asado, a meno che non partecipino come invitate.
Il primo documento che registra l’entrata di carne bovina nel territorio argentino data 1556, quando il conquistador spagnolo Juan de Salazar y Espinosa introdusse dal Brasile un toro e sette vacche. Da allora i cavalli e le mucche cominciarono a pascolare liberi nella Pampa e si moltiplicarono straordinariamente tanto che, nel 1700, vagavano per le praterie a nord e a sud del fiume Rio de la Plata non meno di 40 milioni di capi. Nelle illustrazioni dei libri di viaggio del XIX secolo appaiono frequentemente i gauchos, i famosi cow-boys sudamericani, mentre mangiano un asado in mezzo alla sterminata prateria. A quei tempi era una scena alquanto comune: le enormi estensioni della pampa determinavano lunghe spedizioni di cavalieri e carri; durante questi spostamenti, al riparo dei carri o di un ombù, gigantesco arbusto tipico di quelle terre, la carovana sostava per l’asado.
In origine, il mito racconta di gauchos liberi e nomadi che catturavano il bestiame con le boleadoras, senza preoccuparsi di marchi, recisioni o diritti di proprietà: uccidevano per mangiare un pezzo di ossobuco e lasciare il resto agli animali selvatici. Più tardi, con la creazione delle estancias, i gauchos solitari vennero assoldati dal latifondista e riuniti per le grandi occasioni trasformando l’asado in un momento di convivialità popolare. Quel concetto celebrativo della riunione occasionale è ciò che è rimasto, dalla Pampa alla città, da ieri ad oggi, evolvendo fino a diventare mito nazionale, tradizione che per gli argentini è motivo di orgoglio e legame con le origini. Così, la parola “asado” rimanda oggi a cose diverse: nella sua versione casalinga, è una parte del menú –“Cosa mangiamo oggi? Asado”–; è un tipo di riunione sociale amichevole –“Vieni il mercoledì che ci sarà un asado”–; è un rituale di regole ben definite: “L’asado lo faccio io, José non è capace!”. Così l’asado è al tempo stesso qualcosa che si mangia, qualcosa a cui si assiste e partecipa e qualcosa che si fa.
Ma torniamo al gaucho e alle sue lunghe cavalcate attraverso il mare d’erba della Pampa. Certamente la griglia non era facilmente trasportabile e dovette imparare a risolvere il problema di cucinare la carne con i mezzi di cui disponeva. Spesso nell’infinita prateria non vi erano alberi né pietre (non a caso “Pampa” è una parola di derivazione india che significa “campo aperto e senz’alberi”). Così il gaucho scavava semplicemente una buca nel terreno e vi accendeva un fuoco. La profondità era calcolata in modo che la carne, sostenuta da rami di arbusti usati come spiedi, si trovasse alla giusta distanza dalle fiamme. Non disponendo di piatti e posate ma solo del suo inseparabile coltello, il gaucho mangiava in piedi, seduto sulla parte posteriore dei talloni o sul cranio di una vacca, afferrava un grosso pezzo di carne con la mano, mordeva un estremo e, con il coltello diretto dal basso verso l’alto (facendo attenzione al naso!), tagliava il boccone.
Al giorno d’oggi, almeno nelle città, la situazione è ben diversa ed ogni casa argentina degna di questo nome possiede una parrilla (griglia): in fondo alla proprietà, sul balcone, in garage, in giardino o addirittura, con tutto l’orgoglio del proprietario, come pezzo architettonico di quella sezione ben definita della casa che è il quincho, sorta di rustico soggiorno, il luogo cioè dove si vive la maggior parte della vita familiare, dove si accolgono le visite degli amici e quindi dove si consumano gli asados.
Ciò che invece non è cambiato rispetto al passato è il tipo di combustibile ammesso per il fuoco. Essendo l’asado l’alimento tradizionale del gaucho, è logico che per ottenere le braci si continuino ad usare materiali che si ottenevano facilmente nella pampa. Per questo i combustibili ammessi in una grigliata argentina sono tutti di origine vegetale, senza contare che sono gli unici che contribuiscono al sapore tipico. Inammissibili sono invece il gas, il cherosene, il carbone minerale e, non bisognerebbe neppure menzionarla, la griglia elettrica.
Un buon asado comincia con una giusta scelta delle carni in macelleria. Per questo dovrebbe essere lo stesso asador ad occuparsi della spesa. L’asador è un grande conoscitore di carni bovine: sa identificare ognuna delle parti dell’animale, ne conosce il nome, la qualità del taglio e della macellazione, le proprietà di questo o quel pezzo che disporrà sulla griglia. L’asador dilettante invece, suole attribuirsi un “buon occhio” e, quando sbaglia, incolpa il macellaio che gli ha venduto della carne di cattiva qualità. Effettivamente la virtù delle ottime carni argentine di perdonare gli errori dell’asador ha dato origine a una moltitudine di pseudoartisti della griglia: costoro assicurano di possedere metodi propri e segretissimi e naturalmente ognuno si autodefinisce come il migliore. Uno dei compiti più delicati dell’asador sta nel calcolare la giusta quantità di carne come pure di contorni e di bevande: guai se nel bel mezzo dell’asado ci si rendesse conto che non vi è carne a sufficienza. Al riguardo esistono numerosi manuali con dovizia di tabelle che aiutano nel calcolo delle quantità ma è solo l’esperienza di decine, magari centinaia di asados che permette di non sbagliare le dosi.
Tra tutti gli amici della riunione solo uno è l’asador: la grigliata, come una nave, deve essere comandata da un solo capitano e nessun vero asador accetterebbe l’aiuto di un altro. Gli utensili minimi sufficienti per fare un asado squisito sono solo tre: il coltello, una forchetta (ma non è indispensabile) e l’atizador, un semplice palo per muovere le braci sotto la griglia.
Mentre le note di un tango o il folklore campesino (l’equivalente dei nostri valzer e mazurche) allietano la tavolata, l’asador comincia a servire le bevande (rigorosamente vino rosso), il pane e l’insalata. Fa attendere la carne fin quando non avverte segnali di impazienza e, quando comincia a servirla, lo fa in pezzi piccoli per ogni portata. Per esperienza sa che se portasse porzioni più sostanziose i commensali, che sono impegnati a chiacchierare, le lascerebbero rafreddare. Generalmente il primo pezzo di carne ad essere servito è il bife (la bistecca), monumento gastronomico argentino. La sua scelta non è facile poiché ne esistono diversi tipi: “de chorizo” (entrecote), “costeleta” (con l’osso), “de lomo” (filetto) sempre però con un peso dai 200 grammi in su e con uno spessore di oltre un centimetro. Quindi arriveranno in tavola pezzi di morcilla (salsiccia di sangue), chorizo (salsiccia spagnola), matambre (che letteralmente significa “ammazza fame”) e molleja (interiora), tutti serviti su una tavoletta-piatto rotonda di legno con una scanalatura al bordo per evitare la fuoriuscita dei liquidi. La carne si mangia da sola oppure condita con una salsa tipica, il chimichurri, fatta con olio, aceto, sale, aglio, alloro, origano, cipolla, peperoncino, ed è strettamente personalizzata da ogni cuoco.
La quantità di carne servita durante un asado è abbastanza per soddisfare l’appetito di carne di persone normali per un mese, ma in Argentina è appena sufficiente per stuzzicare l’appetito. Alla fine di un asado il dessert tradizionale è il dulce de membrillo, una densa gelatina di mele cotogne, accompagnata da formaggio cremoso.
Per l’asador moderno è irrinunciabile disporre di certe comodità di supporto alla griglia vera e propria: un lavello con acqua corrente, scomparti per la legna, una lampada con braccio estensibile per seguire lo sviluppo della cottura e una grande tavola di legno duro dove preparare, tagliare e servire la carne. Aumentando le pretese e l’esperienza, l’asador più fortunato realizza il suo sogno: la grande parrilla nel patio di casa…finalmente potrà mostrare alla famiglia e agli amici la sua immensa saggezza di asador. Questa parrilla ha di tutto: sistema di sollevamento della griglia, moduli multifunzione, grande cappa con tiraggio regolabile, rivestimento interno di mattoni refrattari, cestino di ferro per bruciare la legna e bocca di fuoco a gas per l’accensione, palette, pinze e forchettoni decorati, attizzatori di braci, spazzoloni di ferro per pulire la griglia, dovizia di coltelli affilati, tavole per tagliare le carni. Verrebbe da pensare che con una parrilla così chiunque sarà un grande asador. Invece sappiamo bene che non è così: esperienza, frugalità e un buon coltello sono i soli ingredienti davvero fondamentali, con il condimento più prezioso per ogni pasto, l’amicizia.
Text and photos © Ruggero Arena
Be First to Comment